Ormai a scuola non si studia più la fondazione di Roma, il “solco fatale” tracciato da Romolo e l'uccisione di Remo che aveva osato varcarlo. Ma quale era il senso di tracciare un solco, e perché una punizione così grave per il trasgressore? Romolo, infatti, uccide Remo che, non accettando la scelta del luogo di fondazione, irride il fratello, decidendo di scavalcare il solco appena tracciato (o forse le primitive mura in corso di costruzione). Quale può essere il significato attuale di un tale avvenimento?
Roma, come afferma Carrandini, non fu fondata dal nulla; una caratteristica fondamentale della riva del Tevere dove venne fondata Roma è di essere una terra di confine, cioè un territorio ai margini di centri culturali molto diversi tra loro, ma nel contempo un territorio di passaggio e di scambio. A sud, nei monti Albani, vi era la Comunità Latina, a est, i Sabini, di ceppo Umbro, a nord si stavano formando gli Etruschi, tutti popoli che si erano formati o erano immigrati occupando gli spazi dove vivevano gli “Aborigeni” questi ultimi di cui si sa pochissimo, forse di stirpe affine ai popoli Liguri.
Quindi, cosa fa Romolo? Fa quello che aveva fatto secoli prima Teseo ad Atene, riunisce i popoli separati e diffidenti, e li “unifica”. Per riunire diverse tribù con culture, tradizioni religiose, e lingue diverse, che diffidano l'una dalle altre, cosa deve fare Romolo? Deve compiere un rito di fondazione, quindi traccia un solco a delimitazione del “pomerio” cioè del luogo dove sarebbero sorte le mura della città.
Quindi, Roma, al momento della fondazione, è un “non luogo” che diventa una città; comunità sparse senza nome che si uniscono per mezzo di un “rito” in modo che ognuno accettasse che lo straniero del villaggio sul colle di fronte divenisse un concittadino.
Una decina d'anni fa, costeggiando il mare a nord di Napoli, passai dal Litorale Domizio. Anche il Litorale Domizio è un non luogo; è una zona edificata negli anni '70 pensando ad uno sfruttamento turistico balneare; le costruzioni sono quelle tipiche delle villeggiature costiere, palazzi alti e colorati, architetture un po' fantasiose; solo che qualcosa deve non aver funzionato, e all'epoca, quando vi passai, era solo un luogo di dimora di extracomunitari di varie etnie, probabilmente dediti a piccola criminalità o a fare la forza lavoro nelle vicine campagne.
Un non luogo, un “septimontium” che necessiterebbe oggi un nome ed un rito di fondazione, per far si che quei popoli, quegli uomini (quegli 'occupanti') trovassero un senso per diventare Comunità.
Succede agli uomini di non darsi responsabilità sin tanto che qualcuno non gliene attribuisce. Se quegli uomini, quelle comunità sparse di stranieri diseredati che occupano il Litorale Domizio fossero chiamati a votare per costituire un consiglio Comunale, una Giunta, un Sindaco che li rappresentasse, se fossero consultati per sentire quali sono le loro esigenze (scuole, palestre, servizi) diventerebbero immediatamente cittadini e legati alla loro città.
Si dice che per fondare Roma (ad urbe condita) parte del rito consistesse nel fare una buca in terra, dentro la quale ognuna delle tribù gettava un po' di terra del luogo di provenienza. Poi il Sacerdote pronunziava il nome ufficiale della città (Roma) e il nome “segreto” (Roma aveva un secondo nome “segreto” per impedire ai nemici di poterlo invocare nell'ambito di magie volte alla distruzione della città).
Per tale nuova città propongo il nome di Concordia; riguardo al nome segreto, quello proprio non si può dire.....
Avv. Pietro Ferrari
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