Il multiculturalismo è ormai un fenomeno legato alla globalizzazione, i suoi effetti e la pluralità di presenze culturali nelle società contemporanee è una realtà che si deve considerare in quanto tutti siamo sottoposti ad esperienze e influenze culturali diverse. Le culture, infatti, si modificano e gli individui interpretano attivamente e rinnovano le loro tradizioni per adeguarsi al cambiamento portato attraverso le relazioni con gli altri. In una società in cui sono presenti più culture e comunità è indispensabile che la convivenza sia regolata da un reciproco rispetto. In questo senso ci sono diverse linee di pensiero tra universalismo e relativismo.
L’universalismo è l’idea secondo la quale tutte le possibili differenze sono riconducibili a un’unica struttura umana e che l’incontro con il diverso si risolve progressivamente e inevitabilmente con l’adesione al modello culturale dominante. Questo modello considera l’assimilazione come processo che si realizza inevitabilmente con il trascorrere del tempo e delle generazioni. L’uguaglianza si fonda in questo caso sull’annullamento di ogni diversità: lo straniero, accettando di far parte della comunità che lo accoglie, assume i diritti e i doveri di tutti gli altri cittadini e si astiene dal rivendicare le proprie specificità..
Nel caso del relativismo multiculturale non si pone l’uguaglianza in prima linea ma piuttosto l’ideale democratico. Ogni comunità ha il diritto di esprimere la propria diversità; in una società pluralista ognuno è libero di agire secondo i propri valori e di esprimere le propria appartenenza purché rispetti le leggi e le regole di comportamento scaturite dal confronto fra i vari gruppi. Questa visione multiculturale trova origine nelle critiche al modello assimilazionista. Ad essere accusati sono l’ideale egualitario e la pretesa di un’universalità neutrale che finisce per fagocitare le differenze, negando il valore e la dignità delle culture minoritarie. Ma questa risposta del multiculturalismo propone un’accettazione acritica del pluralismo, che incarna in un certo senso le differenze, inquadrando gli individui all’interno di contenitori etnici o culturali predefiniti.
L’integrazione, invece, è una formulazione che rimanda alla centralità del concetto di persona e che tiene conto non solo delle scelte e delle azioni degli migranti, ma anche delle opportunità offerte dalla società d’arrivo. L’immigrato così non è concepito come individuo astratto ma come soggetto condizionante e condizionato, artefice della realtà che lo circonda attraverso la messa in atto di processi d’interiorizzazione ed esteriorizzazione. Questo significa evidenziare l’importanza della contestualità delle pratiche integrative e delle politiche per l’integrazione, che non si escludono a vicenda ma si relazionano tra loro dando forma a processi d’inclusione fondamentali per la definizione delle società future. È infatti nella relazione tra sfera pubblica e sfera privata che il confronto interculturale si intensifica, tanto da trasformare il campo dei diritti individuali e dei diritti collettivi in un’arena sociale. Cosi l’integrazione si definisce come quel processo multidimensionale finalizzato alla pacifica convivenza, entro una determinata realtà storico sociale, tra individui e gruppi culturalmente e/o etnicamente differenti, fondato sul reciproco rispetto delle diversità etnico-culturali, a condizione che queste non ledano i diritti fondamentali e non mettano a rischio le istituzioni democratiche.